Buongiorno a tutti, cari lettori.
Eccomi di nuovo qui, come sempre.
Avete passato bene il Capodanno? Ma, soprattutto, avete iniziato bene il 2019? Lo spirito è giusto, il cuore è ricolmo e la mente è libera?
Se la risposta non è un enorme sì a tutte e tre le domande, vi consiglio caldamente la lettura del mio precedente articolo – “COME INIZIARE AL MEGLIO IL NUOVO ANNO” –, il cui titolo esprime già chiaramente quale aiuto intendo offrire al suo interno.
Oggi, invece, intendo proporvi, con il mio primo articolo del 2019, alcune mie considerazioni riguardo a un concetto – che è anche un sentimento – sempre più banalizzato e allo stesso tempo sottovalutato dalla società attuale.
Sto parlando della GRATITUDINE.
Vi anticipo che dedicherò anche futuri articoli alle sue proprietà e ad altri aspetti ad essa correlati, ma già in questo scritto tratterò la sua intima natura e le sue importanti caratteristiche.
Innanzitutto – come ormai ben sapete, reputo enorme il potere dell’etimologia per comprendere ogni cosa –, la gratitudine deriva dal termine latino gratitudo, a sua volta derivato del sostantivo gratia, che presenta molteplici sfumature.
Prima di tutto, esso significa “favore”.
È per questo che, nel linguaggio quotidiano, ci è stato insegnato – se così è stato fatto – ad usare la parola “grazie” tanto quanto l’espressione “per favore”, di solito anticipando quest’ultima alla prima ponendola all’interno di una domanda o di una richiesta.
In secondo luogo, rimanda al concetto di “gratuità”.
Il mio parere è che tale collegamento sussista proprio perché le azioni e i gesti per cui dovremmo essere maggiormente grati sono proprio quelli, appunto, “gratuiti”, autentici e caritatevoli, messi in atto spontaneamente e in maniera disinteressata, senza aspettarsi nulla in cambio se non la soddisfazione nel constatare che il destinatario delle proprie attenzioni e premure ha saputo trarne beneficio, vedendo così aumentata la sua gioia ed accresciuto il suo benessere.
Una terza accezione è quella di “piacevolezza”.
La gratitudine, in questo senso, è rappresentata come un dono, come qualcosa di caro e di prezioso. Chi riceve questo vero e proprio regalo lo accetta di buon grado, lo accoglie nel proprio animo, ne capisce veramente il senso e lo assorbe, lo rende proprio.
E ne rammenta il valore al passare dei mesi, degli anni, dei decenni…
Per sempre.
Voglio porre particolare enfasi su questo punto: una persona veramente grata non si limita ad ascoltare – ad esempio, un consiglio – senza concretizzarlo almeno in qualche modo.
Non si limita a ricevere un buon trattamento – ad esempio, ad essere accudito o sostenuto emotivamente – senza fornire alcun rimando a chi gli ha dispensato tali cure.
Una persona veramente grata fa qualcosa. Agisce. Non si perde in chiacchiere. Né in scuse o pretesti.
Colgo l’occasione per riferire anche l’etimologia della parola “cura”: in latino cura significa appunto “premura”, “preoccupazione”, l’atto cioè di chi si occupa della salute e della felicità altrui (-occupazione) prima ancora (pre-) delle proprie.
In un mondo corretto e che dia valore alla riconoscenza, questi atti altruistici non dovrebbero passare inosservati. C’è chi, dopo aver goduto di innumerevoli attenzioni e beneficiato di un immenso affetto, ripudia e non ricambia affatto – o a sufficienza – ciò che ha ricevuto.
Non fraintendetemi: l’individuo degno di gratitudine è soprattutto colui che apre il suo buon cuore agli altri senza pretese, il suo atteggiamento è teso unicamente a procurare bene e gioia al mondo che lo circonda.
Il mancato riconoscimento delle sue nobili gesta – anche se poi è lui che rischia di soffrirne e di pagarne le conseguenze in sofferenza emotiva e a volte anche fisica – è in realtà un problema che riguarda il beneficiario delle sue buone azioni e dei suoi ammirevoli sentimenti.
Mi è successo di sentire persone replicare a una lunga serie di “doni” provenienti dal cuore di qualcuno a loro vicino con le parole: “Ah, ma io mi rendo conto di tutto quello che hai fatto per me”. “Ah, ma quello che mi hai detto ce l’ho ben chiaro, e ti sono riconoscente per avermelo fatto notare.” “Ah, ma io ti sono grato per tutto quello che hai fatto per me… Non te l’avevo mai detto?”
No, infatti.
E tutta questa farsa si verifica il più delle volte dopo aver prosciugato come un pozzo in un deserto l’altrui gioia, l’altrui entusiasmo, l’altrui amore… l’altrui vita.
Questi soggetti – tutte parole (quando le pronunciano) e niente fatti – non meritano che noi continuiamo a far parte della loro vita.
Se non sanno apprezzare l’inestimabile dono che è la nostra compagnia e la nostra persona – e fanno invece di tutto per limitarci, arrivando addirittura a mentire circa il fatto di averci usati fintanto che facevamo loro comodo (“AFORISMI PERSONALI – Menzogna”) – devono essere visti per quello che sono: esseri umani incapaci di provare gratitudine e che hanno bisogno di succhiare la vita altrui per poter illudersi di stare vivendo – almeno a tratti – la propria.
In questo senso sono delle sanguisughe, dei parassiti.
Il loro modo di agire io lo chiamo “vampirismo emotivo”.
Questo non vuole affatto essere un insulto, ma una chiara esplicazione del meccanismo con cui agiscono, cioè quello di assorbire la vitalità altrui per rendere meno spenta e deprimente la propria esistenza. Con il sadico risultato di smorzare la luce che ha sempre contraddistinto le persone disponibili, ricettive e altruiste.
Permettere loro di farci questo non è affatto corretto.
Come affermo in un mio personale aforisma,
“ Se aspetti che siano gli altri a trattarti in modo giusto, sarai condannato a restare impantanato nei paludosi acquitrini dell’ingiustizia. ”
Ora che ne ho spiegato le accezioni semantiche, passo a fornirvi la definizione di gratitudine che più reputo consona ed esaustiva.
Secondo l’enciclopedia Treccani, la gratitudine può essere espressa come
“il sentimento e la disposizione d’animo che comporta affetto verso chi ci ha fatto del bene, ricordo del beneficio ricevuto e desiderio di poterlo ricambiare”.
Questo conferma quanto ho già esposto in precedenza: in chi la prova, la gratitudine non suscita “soltanto” riconoscenza verso chi ha voluto esserci positivo e salutare, ma anche l’intento di ricambiarne la bontà.
Ecco perché ho scritto che l’individuo veramente grato non scorderà mai il bene che gli è stato fatto dalle persone buone.
Ma rammentarsi di ciò non vuol dire serbarne il ricordo e basta. Significa impegnarsi per onorare tale memoria.
Se non si adopera per contraccambiare ciò che ha ottenuto con così buon cuore, il soggetto in qualche modo resterà per sempre “indebitato”.
Tuttavia, ci sono purtroppo persone che, pur di non scrollarsi di dosso l’orgoglio a cui sono tanto affezionate e senza il quale temono di sentirsi delle nullità (“IL CONFLITTO DECISIONALE – QUANDO RISULTA DIFFICILE SCEGLIERE”), non sono disposte ad ammettere questa realtà. Il risultato è che si rinchiudono – o seguitano a restare rinchiuse, se vi erano già abituate – nel loro cieco e rigido egoismo, ostentando indifferenza nei confronti di chi li circonda.
Questo non è però che la manifestazione di superficie di una ben più profonda paura di donarsi all’altro a causa di un’autostima problematica o deficitaria.
Un’ultima specificazione: la gratitudine porta con sé due implicazioni.
Primo, il riconoscimento di aver ricevuto un dono, un qualcosa di valore da parte di qualcuno o da un evento della vita.
Secondo, la consapevolezza che almeno una parte – quando non tutto – di questo privilegio ci è toccata in sorte indipendentemente dalle nostre azioni o virtù, bensì grazie all’iniziativa e al sincero interessamento di qualcuno esterno da noi. A volte, perfino a dispetto del fatto che non ce lo meriteremmo nemmeno.
Proprio per questo, la gratitudine – se vera ed autentica, ma a volte anche quando ricercata dentro di noi per constatare se emerge dopo aver fatto cadere alcune resistenze, dettate ad esempio, come dicevo poc’anzi, dall’orgoglio e dal senso di inadeguatezza – ci mette fortemente in contatto con ciò che è esterno ai nostri confini personali, rendendoci più sensibili e sintonici con l’ambiente circostante – composto da piante, animali, persone, eventi fortuiti e inevitabili conseguenze.
Vorrei quindi che abbiate chiaro che la gratitudine non è solo un sentimento, ma un vero e proprio atteggiamento, che rispecchia una mentalità fondata sul rispetto, sulla comprensione e sulla valorizzazione di ciò che vi è di buono al mondo.
Il mio SITO WEB (consulenze, video-sedute, aree di intervento, recensioni e contatti):
Psicologo Treviglio – Dott. Jacopo Pesenti – Studio di Psicologia
Cosa ne pensate, cari lettori?
Vi eravate mai soffermati a interrogarvi circa la natura della gratitudine? Dopo aver letto questo articolo, quante volte pensate di aver provato questo sentimento? E in tutta sincerità, quanto sentite di potervi definire capaci di mostrare riconoscenza per ciò che di buono vi accade o vi viene rivolto?
E, allo stesso tempo, quante persone avete conosciuto che vi hanno deluso o vi hanno fatto soffrire perché non disposte non solo a manifestare gratitudine, ma anche a ricambiare quello che avete loro offerto dal profondo del vostro affetto e della vostra generosità?
Fatemi sapere le vostre opinioni al riguardo, lasciate commenti all’articolo, condividetelo e se avete gradito la lettura fornitemi un riscontro.
Non mi resta ora che darvi appuntamento alla mia prossima pubblicazione.
A presto!
Dott. Jacopo Pesenti
Buona sera Jacopo, che bell’argomento tratta questo articolo!
GRATITUDINE. Per quante situazioni e cose bisogna essere grati? Se ci soffermiamo a pensare ne potremmo esporre a iosa. Solo che non ci pensiamo e se ci vengono offerte certe attenzioni, probabilmente le consideriamo scontate o dovute. Che errore madornale!
Io in primo luogo sono grata ai miei genitori per avermi dato la vita. Sono loro grata di avermi accettata ed amata, di avermi insegnato che non bisogna arrendersi, che passo dopo passo puoi essere in grado di alzarti e camminare, o piano piano impari a formulare parole in modo corretto e alla fine pronunci una frase. Loro mi hanno sostenuta, aiutata ed amata.
Sono grata alle persone che con la loro competenza, mi hanno letteralmente portata per mano al traguardo.
Sono grata al fato, di avermi fatto incontrare quello che sarebbe diventato mio marito. Ho provato, provo e proverò sempre una grande gratitudine nei confronti di quest’uomo che ha saputo guardare oltre le apparenze, oltre i pregiudizi. Gli sono grata per la fiducia che mi ha concesso, per aver creduto in me. Gli sarò sempre grata per l’amore che mi ha dato e per avermi permesso di amarlo a mia volta. Nonostante gli alti e bassi che la vita ci propina continuamente, noi eravamo grati a noi stessi per aver continuato a stimarci ed amarci.
Provo un’immensa gratitudine verso i miei figli, che mi amano anche se qualche volta abbiamo vedute ed opinioni diverse.
Dico un grazie di cuore a tutti gli amici e amiche che mi vogliono bene e mi stimano, trovo che sia un dono speciale condividere con loro i piaceri e i dolori.
Cosa dire del miracolo che la natura ci dona tutti i giorni, basta che ci soffermiamo a guardare con gli occhi del cuore e lo spettacolo ci si offre con milioni di sottilissime sfumature. E’ bello e piacevole provare e donare gratitudine.
Condivido appieno il fatto che deve essere un piacere gratuito e senza secondi fini, il far piacere a coloro che ti circondano e a cui vuoi bene. Inoltre se le persone che ti vogliono bene ti vogliono aiutare a superare momenti o situazioni difficili, dandoti oltre che il loro appoggio anche dei consigli che potrebbero cambiare in meglio la situazione che stai vivendo, mi sembra perlomeno giusto tentare di ascoltarli e metterli in pratica, o perlomeno provarci.
Ritengo inoltre che il piacere di poter aiutare chi ci sta accanto, sia già per sé un premio.
Per quanto riguarda il “vampirismo emotivo” credo sia una cosa subdola e meschina. Spero solo che questi “vampiri” non siano consapevoli del ruolo che ricoprono. Solo così proverei un po’ di pietà nei loro confronti, se non fosse così sarei molto indignata verso queste persone e anche dispiaciuta, perché non possono capire il piacere che si prova a donare e non solo a ricevere.
Per concludere vorrei dire che chi offre alla fine riceve, o per lo meno è questo quello che io auspico.
Cari saluti da Patrizia
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