Buongiorno a tutti, cari lettori.
Eccomi tornato con l’intento, oggi, di parlarvi – come vi ho promesso alla fine del mio scorso articolo (“Il bullismo, parte IV – Le forme del bullismo”) –, di un argomento piacevole e positivo, che nulla ha di patologico o di preoccupante, ma che piuttosto merita di essere sostenuto e valorizzato in un’epoca come la nostra, in cui esso trova nell’apparenza e nella frenesia che impregnano gran parte delle nostre esistenze un opprimente e intralciante ostacolo.
Mi sto riferendo alla risata e al suo benefico potere sanatorio.
E di questa tematica vi voglio parlare anche in vista della ricorrenza – non so quanti di voi lo sanno – di una data molto particolare, specificamente il 6 maggio 2018. Quest’anno, infatti, la domenica in arrivo sarà dedicata, appunto, al sorriso e al buonumore ed è stata infatti appositamente denominata Giornata Mondiale della Risata.
Mentre mi riservo di esporvi nel prossimo articolo di questa sezione i vantaggi e i benefici che l’atto del ridere è capace di procurare all’essere umano – sia nella sua dimensione fisica che, soprattutto, in quella psicologica –, in questo scritto ho in mente di illustrarvi quello che ritengo essere un necessario prologo, incentrato sul perché, in quanto individui, tendiamo a tradurre gli stati emotivi interni con un atto motorio e vocale così particolare e specializzato.
Esiste più di una teoria che ha cercato di spiegare le motivazioni che ci spingono, in molteplici e diversificate occasioni, a lasciarci andare alle risate.
- La prima che vi riporto, per quanto datata, risale ad una concettualizzazione del noto Sigmund Freud, che in questo caso ha secondo me svolto un’ottima e non scontata analisi della funzione della risata.
Definendola, nella sua forma più evoluta, “umorismo”, il padre della psicoanalisi investe la risata di uno scopo tanto implicito quanto fondamentale. Essa sarebbe infatti portavoce mascherata dei desideri e delle istanze segretamente dettate dal nostro inconscio.
Manifestare le proprie opinioni e le proprie dissonanze circa un argomento poco chiaro o che si disapprova tramite una sana, sincera – ma non sarcastica – risata garantirebbe tale espressione senza rinunciare né all’esternalizzazione di se stessi né al rispetto che è sempre auspicabile mantenere negli altrui confronti.
Tale concezione, anche nota come teoria della liberazione, attribuisce alla risata il potere di far tollerare situazioni fonti di incertezza o di disagio, rilasciando in maniera sopportabile anche quei pensieri e sentimenti che viviamo come inaccettabili e che di conseguenza teniamo sovente repressi.
Questo è quello che tipicamente accade nei confronti di tematiche delicate o considerate tabù dal contesto sociale di appartenenza, come l’egoismo, il sesso e la sessualità, l’affermazione delle proprie ambizioni e il perseguimento dei desideri più inconfessabili.
L’umorismo si configura quindi – ulteriori e più rigorosi studi l’hanno ulteriormente avvalorato negli ultimi decenni – come uno dei più adattivi e maturi meccanismi di difesa (a cui, vi anticipo, dedicherò in futuro un’approfondita e dettagliata sezione).
- Un’altra prospettiva, che più si rifà ad una dimensione cognitiva e ragionata, è la cosiddetta teoria dell’incoerenza.
Secondo questa visione, a suscitare la risata nell’essere umano sarebbe la percezione dell’assurdo.
Se colto, infatti, quest’ultimo farebbe rilevare l’aspetto potenzialmente comico di una circostanza o di un episodio, e sarebbe proprio il suo irrompere sottile e inaspettato nella mente del soggetto a scatenare in quest’ultimo una reazione altrettanto spassionata.
L’illogico e l’irrazionale, infatti, suscitano inevitabilmente curiosità, perché qualsiasi cosa non totalmente compresa o intrisa di un significato ambiguo – quando non provoca disagio – stimola l’interesse e un autentico coinvolgimento emotivo.
A mio parere, qui conta molto anche l’atteggiamento che ognuno di noi ha nei confronti della vita. Dinanzi a un medesimo stimolo – ad esempio una barzelletta o una conversazione –, persone diverse possono manifestare reazioni addirittura opposte – chi di stizza o irritazione, chi di diletto o compiacimento.
Oltre allo specifico temperamento di base che ciascuno possiede, le esperienze precedenti accumulate nella propria esistenza rivestono indubbiamente un peso notevole nella valutazione di un evento, la cui rapida elaborazione è spesso più che sufficiente per instillare spasso e divertimento.
- La terza prospettiva che voglio presentarvi è quella che io sono solito chiamare teoria socio-comunicativa.
Questa pone l’enfasi sulla natura innata del riso. Pensate infatti ai bambini: già in tenera età, ad esempio a due mesi di vita, sono in grado di esprimersi in sorrisi e risate.
La valenza comunicativa è molto chiara: in tal modo, pressoché fin da subito l’essere umano è in grado di esprimere a chi lo circonda i suoi stati d’animo, e i processi di codifica e decodifica dei muscoli facciali sono talmente universali da essere presenti in tutte le culture.
È a tre mesi di vita che però la vista del neonato diventa sufficientemente evoluta da poter riconoscere nel dettaglio – sottolineo, visivamente – le fattezze del volto materno. Sebbene quindi accenni di sorriso siano presenti fin dai primi giorni di vita – e, come molte indagini ecografiche hanno suggerito, spesso perfino all’interno del grembo materno –, è alla conclusione del primo trimestre che il bambino è in grado di avvalersi della risata come rimando allo stesso sorriso materno o per veicolare messaggi e bisogni ai cosiddetti caregiver, ovvero le sue più importanti figure di riferimento.
- Infine, l’ultima concettualizzazione – che potrebbe sembrare la più scontata, ma che non per questo è la meno importante – è la cosiddetta teoria del gioco.
Secondo tale cornice, il sorriso avrebbe la funzione di creare solidarietà tra le persone, favorendo tra di loro l’utilizzo della fantasia, dell’intrattenimento e dunque del contatto diretto.
La condivisione – sia delle proprie emozioni che dei rispettivi scopi – attraverso una sintonizzazione di tipo affettivo, ben rappresentata dalle risate in un contesto di coppia o di gruppo, favorisce anch’essa la socializzazione e l’autentica propensione a scoprirsi vicendevolmente.
I legami e le interazioni sociali ne verrebbero così rinforzati, con tutte le ricadute positive che essi sono in grado di apportare all’autostima e al benessere psico-fisico globale dell’individuo.
Questo sistema motivazionale, in grado di migliorare la qualità delle relazioni interpersonali, costituisce un vero e proprio risultato dell’evoluzione, tant’è che lo condividiamo anche con altre specie animali – e non solo primati, come scimpanzé, oranghi e gorilla, ma anche ratti. Perfino questi ultimi, infatti, sono soliti emettere versi corrispondenti al nostro “sghignazzare”, per rinsaldare i rapporti con i propri simili e per esternare la propria soddisfazione nei momenti di sollazzo, solletico e comunione.
Collimante con questa visione è anche quella che vede la risata come un modo di connettersi con la parte più infantile e più giovane di sé, quella che ha bisogno – rammentandocelo, a mio parere, a maggior ragione proprio quando siamo adulti – di trascorrere momenti di intimità ed unione con se stessi e il mondo circostante, con lo stesso spirito osservatore e gli stessi occhi spontanei che avevamo da bambini.
Mi sembra quindi chiaro, cari lettori, che i fenomeni del sorriso e della risata sono stati in grado di attirare l’interesse e la messa in campo di diverse linee teoriche.
Indipendentemente da quali di esse possano essere ritenute le più veritiere, io credo in realtà che, a seconda dei contesti, la risata possa essere sostenuta da ciascuna di queste motivazioni, alternandosi o riunendo su di sé tutte quante queste funzioni.
Nel prossimo articolo dedicato a questa sezione, vi illustrerò, come anticipato, i vantaggi e le positive ripercussioni che il sorriso – e soprattutto la risata – è in grado di asscicurare alla persona e alla sua salute psico-fisica.
Nell’attesa, ricordatevi di ridere, perché – come sostiene anche Martin Charnin:
“Non si è mai completamente vestiti senza un sorriso.”
Il mio SITO WEB (consulenze, video-sedute, aree di intervento, recensioni e contatti):
Psicologo Treviglio – Dott. Jacopo Pesenti – Studio di Psicologia
E voi cosa ne pensate, cari lettori?
Vi eravate mai soffermati a domandarvi quali siano le radici del sorriso? Vi siete mai interrogati circa i motivi che possono dare origine ad una risata? O avete sempre dato per scontato che, se c’è una risata, è semplicemente perché si è allegri o felici? E riguardo alle teorie che vi ho esposto in questo mio scritto, ce ne è una in particolare – o anche più – che vi ha incuriosito, intrigato o sorpreso?
Vi invito a farmi sapere la vostra opinione in tal merito, formulando le vostre considerazioni, curiosità o – volentieri – anche richieste di approfondimento nei commenti in fondo all’articolo, a condividerlo sui vostri social network e a fornirmi un riscontro di come è stata per voi questa lettura.
Non mi resta ora che darvi appuntamento alla mia prossima pubblicazione.
A presto!
Dott. Jacopo Pesenti
Buonasera Jacopo, congratulazioni per l’argomento scelto per questo articolo. Mi piace!
Parto col dire che non sapevo ci fosse anche una giornata mondiale dedicata alla risata, comunque ben venga il buonumore e la voglia di ridere e sorridere. Mi trovo d’accordo sul fatto che oggi ridere è sempre più difficile, vuoi perché ognuno ha i suoi problemi più o meno gravi, o per tutte le notizie catastrofiche e di violenza che tutti i giorni si sentono alla radio, si vedono in TV o si leggono sui giornali. Ci si ritrova immusoniti e tristi quasi senza rendercene conto. Se poi subentrano anche dispiaceri di natura sentimentale ti cascano non solo le braccia, ma anche le speranze in un futuro migliore e, la voglia di ridere non sai più dov’è finita.
Sono rimasta alquanto stupita nel leggere della teoria della liberazione in quanto ritenevo che il ridere fosse legato sempre a qualcosa di piacevole o di spiritoso, comunque a qualcosa che ci fa star bene, ma avendo personalmente constatato che il ridere è anche una forma di difesa del nostro inconscio, che cerca di mascherare, proprio con una risata, l’imbarazzo di alcuni argomenti, non mi rimane che prenderne atto e dare ragione al Sig. Sigmund Freud.
Mi è piaciuta molto la parte di questo articolo in cui si parla del sorriso dei neonati e devo dire che sebbene io abbia tre figli, ho sempre pensato che i bambini sorridessero, anche prima del terzo mese, perché sentissero la voce della mamma o del papà (il che può essere vero), ma non sapevo (beata ignoranza!)che questo potesse essere un modo di comunicare in generale i suoi stati d’animo a chi lo circonda e potesse essere appreso fin dal grembo materno. Il sorridere quindi può essere considerato anche un’arma di difesa che permette ai neonati di suscitare emozioni positive in qualsiasi persona? Io penso di si, anche perché a me tutti i cuccioli in generale (umani o animali) suscitano tanta tenerezza, spero quindi che sia così.
Per quel che riguarda la teoria del gioco, ritengo che il ridere (inteso come una risata spontanea e di pancia, passatemi il termine) e sorridere sia, come scritto, un modo di conoscerci e di condividere dei bei momenti con altre persone, che quindi non può darci solo che benefici. Giustamente dovremmo pensare più spesso a come eravamo da piccoli, senza freni emotivi, religiosi o razziali, pronti a giocare con tutti i bambini del mondo, facendoci capire a gesti, smorfie e sorrisi. Sarà anche un’utopia, ma mi piace pensare che se le persone sorridessero di più anche di se stesse, oltre che ridere e sorridere con gli altri, staremmo tutti meglio.
Saluto tutti con un grande sorriso, che scacci le paure, sciolga il malumore e che diffonda nel cuore puro amore.
Patrizia.
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Buonasera, Patrizia!
Grazie per il complimento, sono contento che l’argomento che ho scelto abbia catturato il tuo interesse.
Sì, in effetti esiste anche quel tipo di risate, che, tuttavia, secondo il mio parere, agli occhi e alle orecchie di un osservatore attento, può essere a sua volta smascherato e percepito come distinto dalle risate più gioviali e spontanee. Allo stesso tempo, però, ricoprono una certa utilità, altrimenti il nostro inconscio non se ne sarebbe mai avvalso nel corso dell’evoluzione.
Sì, per quanto riguarda i neonati è senz’altro così. Le risate – specie in giovane età, ma non solo – servono anche, come sostengono le teorie dell’attaccamento, a suscitare solidarietà e affetto in chi ci circonda, che risulta così più propenso e desideroso di approcciarsi a noi e ad aiutarci, esito che nel caso dei bambini è una necessità tanto fisiologica quanto emotiva.
Concordo pienamente, infine, con il tuo appello, Patrizia: se tutti noi sorridessimo di più, oltre che con gli altri, con il “fanciullino” che è in noi, il mondo sarebbe un luogo molto più innocente, limpido e salutare in cui vivere.
Grazie per il tuo commento e alla prossima!
Dott. Jacopo Pesenti
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Buon giorno. Molto interessante l’articolo sulla risata.
Posso ricevere il seguito suo vantaggi?
“Nel prossimo articolo dedicato a questa sezione, vi illustrerò, come anticipato, i vantaggi e le positive ripercussioni che il sorriso – e soprattutto la risata – è in grado di asscicurare alla persona e alla sua salute psico-fisica.”
Grazie
Sabina
gerinsabinaivana@gmail.com
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Buongiorno Sabina!
La ringrazio molto per il suo apprezzamento, sono contento che il mio articolo le sia piaciuto.
Nonostante la scaletta che mi sono costruito riguardo l’ordine dei successivi articoli, la informo che accolgo volentieri la sua richiesta: anticiperò senz’altro la stesura e la pubblicazione dell’articolo sui benefici che la risata apporta alla dimensione psico-fisica di noi esseri umani.
Probabilmente, in seguito all’articolo di prossima pubblicazione (inerente a come percepiamo e gestiamo il tempo nella nostra vita quotidiana), scriverò subito quello da lei richiesto, d’accordo?
Nel frattempo, la invito a leggere anche gli altri miei articoli del blog che dirigo e a farmi sapere che cosa ne pensa. Mi farebbe molto piacere.
A presto, allora! A breve, scoprirà insieme a tutti gli altri miei lettori quanto e a cosa ci farebbe molto bene ridere e sorridere.
Un caro saluto,
Dott. Jacopo Pesenti
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