LO PSICOLOGO INTERPELLA – EPISODIO 2 – L’uomo e l’ameba

7 pensieri su “LO PSICOLOGO INTERPELLA – EPISODIO 2 – L’uomo e l’ameba”

  1. Buongiorno jacopo, per prima cosa tengo a dirti che ho trovato il tema trattato molto interessante (ed illuminante).
    Possiamo considerarci più intelligenti di un ameba? Dopo questo video non sono più così  sicura.

    Credo che le persone si avvicinino a ciò che per loro è nocivo perchè, la maggior parte Delle volte, è la cosa che risulta più facile da fare.
    Penso di poter affermare che ciò che spinge gli individui a comportarsi in questo modo siano l’egoismo e la paura.
    Tendenzialmente gli esseri umani, anche se si trovano in situazioni non proprio consone ai loro ideali o alle loro aspettative, si fossilizzano nelle loro decisioni semplicemente perché in quel momento gli fa comodo ciò che hanno ( che sia amore, denaro, “amici”…).
    Nel momento in cui non è l’egoismo a bloccarci, interviene la paura.
    La paura verso il cambiamento, la paura dell’ignoto e dell’inaspettato.
    A tutto ciò si aggiunge la paura di accettare noi stessi, i nostri cambiamenti, le nostre emozioni.
    Credo che il primo passo da fare per trovare il coraggio di accettare il cambiamento o, meglio ancora, di abbracciarlo e goderselo in tutte le sue sfumature sia quello di accettare noi stessi.
    Inoltre trovo incorenti le persone che fuggono da ciò che è meglio per loro giustificando tale comportamento come dipendente da un qualcosa di superiore ( religione, morale, valori).
    Al contrario quanto elencato sopra dovrebbe aiutarti a compiere la scelta giusta.

    Quanto scritto è frutto di riflessioni sulla mia personale esperienza , tuttavia credo di essere abbastanza sicura nell’affermare che siano proprio questi i pensieri che ci accomunano tutti (o quasi).

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  2. Buongiorno Jacopo, che carino a metterci in confronto con un’ameba! Poverina, sempre disprezzata e portata ad esempio negativo! Mi sa proprio che qui venga rivalutata in positivo e ad avere la peggio siamo noi esseri intelligenti. Se penso che questo esserino unicellulare sappia naturalmente cosa è meglio o peggio per sé e si comporti di conseguenza, lo ritengo un comportamento straordinario. Paragonato a noi esseri composti da migliaia di cellule e, quindi ritenuti superiori a questa cosina quasi inesistente, non c’è da sperare di vincere la sfida: ameba 10 uomo 0, tanto per dare un punteggio.
    Che strano però pensare che anche l’uomo è dotato di un istinto conservatore, ma molte volte non sa scegliere il meglio o anche solo il meno peggio per sé. Sembra proprio che ci comportiamo come delle falene attratte dalla luce, che non si fermano finchè non si bruciano. Come queste farfalle notturne noi siamo attratti dalle sfide più difficili, dal mistero, dalle questioni che riteniamo più stuzzicanti e non ci rendiamo, forse, conto che ci potrebbero distruggere sentimentalmente e/o fisicamente. Non ci accontentiamo di quel poco che ci potrebbe far star bene e ci distruggiamo nella speranza di poter avere sempre di più, senza pensare che quel “sempre di più” potrebbe non essere mai abbastanza, potrebbe non aver mai una quantificazione, perché non saremmo mai soddisfatti. Non ci sentiamo a nostro agio nella nostra pelle, con noi stessi, non ci apprezziamo per quel che siamo e valiamo, non diamo importanza a quel che veramente sentiamo e proviamo. Cerchiamo in tutti i modi di eguagliare i nostri idoli, o le persone che ci vengono continuamente presentate sullo schermo televisivo, nei film o sui poster pubblicitari. Vogliamo essere sempre belli, giovani, forti e affascinanti, senza pecca, senza sapere che ognuno di noi ha la propria personalità, il proprio modo di essere e di comportarsi e sono proprio queste le qualità che ci differenziano gli uni dagli altri, che ci rendono unici e per questo veniamo apprezzati o anche disprezzati, ma non eguagliati o reputati solo delle copie.
    Penso che le cose semplici sono quelle che molte volte non riusciamo a capire, proprio perché le riteniamo troppo scontate, per cui andiamo a ricercare le difficoltà, le sfide o semplicemente rifuggiamo le verità più ovvie solo perché le percepiamo come troppo banali. L’ameba è solo una cellula che sa badare a sé stessa senza condizionamenti, respingendo le cose che percepisce come letali o pericolose; l’essere umano, complesso ed intelligente, non capisce o non vuole capire che accettandosi per quel che è, quello che dovrebbe essere, lo metterebbe in pace con sé e col mondo. Penso che il complicarci la vita (di per sé sin troppo dura) non fa che amareggiarci, incattivirci ed inaridirci. Dovremmo rivalutare la semplicità “dell’essere un’ameba” e prendere ciò che siamo per quel che è e non per quel che pensiamo potrebbe far piacere agli occhi della nostra società (sempre nel rispetto delle giuste regole).
    Ciao da Patrizia

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  3. Buongiorno, Jacopo.
    Molto interessante il paragone provocatorio con l’ameba, e soprattutto molto stimolante per la riflessione. É certo paradossale che a volte gli evolutissimi esseri umani si comportino in modo meno intelligente dei monocellulari. D’altra parte, però, bisogna considerare anche la vastissima complessità dell’essere umano, del suo pensiero e del suo sentire.. complessità che può rendere difficile discernere tra il bene ed il male.
    Probabilmente, le relazioni amorose sono l’ambito in cui é più frequentemente riscontrabile questo malsano meccanismo che descrivevi, poiché coinvolgono due (o più) persone ad un livello molto profondo.
    Penso che quasi tutti conoscano almeno un esempio di comportamento simile a quelli che hai riportato: genitori che si sacrificano per il bene dei figli, partner che proseguono in una relazione che non li soddisfa in nome di ragioni difficilmente condivisibili..
    D’altro canto, essendo l’essere umano così complesso, potrei dire che a volte subentrano meccanismi di paura, o incertezza, che ci fanno perdere la bussola della retta via.. ad esempio, qualcuno potrebbe non volersi svincolare da un rapporto costrittivo, o addirittura nocivo, per paura della solitudine, o per scarsa fiducia nel futuro; o ancora, qualcuno potrebbe rimanere impantanato in una situazione che non gli giova, pur essendone ben consapevole, perché attanagliato dal dubbio di avere una percezione smisurata di determinati fattori (es: “magari sono io che pretendo troppo”), o perché consumato dall’insicurezza (es: “magari mi ha tradito perché ultimamente l’ho trascurato/a).
    Questo meccanismo un po’ perverso cessa nel momento in cui, sperabilmente, ci si accorge come l’ameba che si tratta di cosa negativa e si decide di allontanarla da sé, al di là di tutti gli alibi che si possono trovare.
    Un caro saluto.. ed ora attendo l’articolo sul perdono.

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